Scritti da Saturno

di Rossella Arena

Mese: Maggio, 2012

La Forza della Terra.

La notte del 20 maggio, alle 4.04, a pochi chilometri da Finale Emilia, mi sono svegliata urlando. Non capivo bene cosa stava succedendo, dopo qualche secondo di terrore è andata anche via la luce. Passati i primi momenti di panico, ho realizzato che stava accadendo il terremoto. Eppure stentavo a crederci: da poco più di un anno vivo in Emilia Romagna, già a marzo da Ferrara avevo sentito una piccola scossa. Chiedendo preoccupata informazioni sul suolo agli emiliani, avevo ottenuto unicamente rassicurazioni: “Il terreno su cui poggiano le nostre case è paludoso”, mi hanno spiegato, “e questo tipo di configurazione assorbe le scosse che, seppur potenti, arriveranno sempre in superficie molto indebolite”. E invece, quello che nessuno si aspettava, è accaduto con un’incredibile forza. Adesso pare che qualcuno l’avesse già previsto, nel solito studio del settore pubblicato ma non troppo promulgato (per saperne di più clicca qui).

Quella notte ho avuto molta paura, una paura che si è rinnovata tutta la giornata con le altre forti scosse che sono seguite, una paura che si è amplificata vedendo come si erano ridotte le stanze della casa, quasi tutte messe a soqquadro. Dormivo al secondo piano e, per un gentilezza del destino, le scale che mi hanno permesso di raggiungere l’ingresso si sono rivelate in seguito, dopo un’ispezione dell’abitazione, l’unico spazio rimasto libero, l’unico passaggio che mi avrebbe fatto raggiungere l’uscita. Sono stata fortunata, e non solo per questo. Fortunata perché è vero che ho dormito in auto una settimana, fuori casa sì,  ma davanti alla mia casa. Fortunata perché quest’ultima, dopo la preoccupazione dei primi giorni per la comparsa di molte crepe, è stata dichiarata stabile dai geometri. Fortunata perché i danni agli oggetti e ai mobili sono nel tempo recuperabili. Molte persone, molte case, molte aziende, a poca distanza da dove abito, non hanno avuto la stessa fortuna.

Quando quella notte il terremoto mi ha risvegliato fuori era buio. Finché non è sorto il sole, sono stata per un’ora nel mio ingresso. Poi sono uscita in giardino e  da lì ho visto trascorrere tutta quella domenica: la forza furiosa del terremoto mi aveva sconvolto ma nello stesso tempo la forza della terra mi ha dato un’enorme energia. Quella mattina, come sempre, cantavano gli uccellini. “Se loro non hanno paura”, mi sono detta “la situazione non sarà gravissima”. Anche chi parlava al telefono con me li sentiva cinguettare in sottofondo, e dai loro canti era un po’ rassicurato. Verso le 6 poi è arrivato il sole, accarezzato da nuvole sfumate. Successivamente ha piovuto per tutta la giornata ma le piogge duravano solo una decina di minuti: pioveva in punta di piedi, come se il clima desiderasse calmare il calore della terra e nello stesso tempo temesse di infastidire troppo noi, i suoi abitanti. Forse erano le 6.30, quando ho visto brillare davanti casa un accennato ma presente arcobaleno.

A parte il saluto fugace di qualche forte scossa (ieri sera una di magnitudo 4 Richter), questi ultimi giorni sono stati abbastanza tranquilli. Il clima è però ancora un po’ teso: a neanche 15 Km da dove vivo, delle case sono sprofondate, quasi inghiottite da questo terreno paludoso che ha sì attutito le scosse ma che nello stesso tempo, dando vita al fenomeno della liquefazione del suolo, si è rivelato poco stabile (per approfondire clicca qui). Fa un po’ impressione pensare che sotto la mia casa c’è lo stesso tipo di terreno e che anche qui questa strana “sabbia” (fa odore di mare!) è venuta fuori dal pozzo, imbrattando una buona parte del giardino.

Staremo a vedere cosa succede: in questi casi non rimane altro che vivere la Forza quotidianamente, sia la propria che quella della terra. In questi dieci giorni ho imparato anche a conoscere un po’ il terremoto (ribattezzato con simpatia “Terry” :-)) e adesso ho meno paura delle sue scosse. Ho verificato ad esempio che, a meno che non ne venga una forte come quella del 20 maggio, fino ad una magnitudo 4.5 Richter, la (mia) casa balla un po’ ma subito dopo ogni cosa ritorna al suo posto. Sto parlando ovviamente di scosse che durano pochi secondi, se andassero avanti per dei minuti la situazione sarebbe molto diversa. Da due notti sono tornata anche a dormire nel letto e da lì non ho sentito nulla, forse per la stanchezza accumulata, o perché le scosse sono state di minore entità.

È’ stato difficile digerire lo spavento iniziale ma giorno dopo giorno ho imparato a convivere con quello che, anche se violento, alla fine è un fenomeno naturale, che può contribuire a distruggere delle vite, ma che della vita fa sempre parte. Siamo abituati a pensare che la terra debba sostenerci, sorreggere la nostra casa, riempirci di frutti e fiori; quelli che sono grandi doni quotidiani, li diamo quasi per scontati. Ma la terra non è l’Eden, è una creazione viva ed imprevedibile, esattamente come i suoi abitanti.

Pausa Terremoto.

In questi giorni scrivo poco, soltanto al risveglio. Sono ancora alle prese con il terremoto, con lo shock e il soqquadro che ha portato con sé. Oggi però sono più tranquilla: prima di tutto, ho avuto la conferma che la struttura della casa in cui vivo è solida; poi, dopo tanti giorni di pioggia, è tornato il sole, a farci compagnia. Oggi sono più serena, anche se la terra continua a danzare sfrenata e, dalla notte fra sabato e domenica, non ho più  potuto distendermi nel letto. Mi ritengo molto fortunata, non riesco a dormire in casa ma dormo davanti alla mia casa, in auto, dove le scosse notturne arrivano attutite e il sonno fluisce senza troppe interruzioni. Questa notte c’è stato anche un forte temporale: con i suoi tuoni, sembrava volesse emulare i ritmi del terremoto, con i suoi lampi regalarci uno spettacolo di splendenti fuochi d’artificio. Dopo quasi una settimana di tensione siamo tutti stanchi, sospesi nell’attesa che tutto questo finisca, e nello stesso tempo siamo vivi ed attenti, a ogni dettaglio che ci porti luce, a ogni grido della terra che cerca, tremando, tranquillità.

Un uomo e una donna/2.

(immagine trovata su Internet, autore ignoto)

Una donna è seduta ad un tavolo rettangolare, sta creando un collage di fotografie. Un uomo entra furioso nella stanza e, con un solo movimento della mano ampia, rovescia il tavolo e tutte le foto per terra.

“Ma cosa fai?” urla la donna, scioccata.

“Cosa fai TU!” grida l’uomo. “Ho scoperto tutto: so che sei innamorata di un altro!”. Stringe i pugni con forza pronunciando queste parole, impotente.

“Ma di chi? Sei impazzito oggi?”

“Non negare!” si scalda lui, elevando il tono della voce. “Di quello, l’artista, lo scultore!”.

“Stai parlando di Angelo? Ma che  cosa stai dicendo? Non è certo con lui che vivo le mie giornate.”

“Ah sì? E con chi le vivi eh? Con queste stupide foto?”. Calpesta le foto ai suoi piedi con le scarpe.

“Ora basta!” urla lei. “Parleremo quando ti sarai calmato”.

“E invece no, noi parliamo adesso… puttana!”

Gli occhi della donna si velano per un attimo: poi quegli stessi occhi fulminano l’uomo. La donna gli volta le spalle, allontanandosi verso l’uscita.

“Dove vai? Aspetta, sai che non è quello che penso. Lo sai vero?” implora lui.

La donna lo ignora e continua ad allontanarsi. L’uomo le afferra una spalla.

“Dove vai? Mi devi ascoltare!” ordina con durezza.

“Lasciami stare” grida lei, stringendo a sua volta con rabbia il braccio di lui, aggredendogli la pelle con le unghie.

L’uomo ritira il braccio sorpreso ma subito, con compiacimento, le indica una zona che si sta scurendo.

“Guarda cos’hai fatto, mi verrà un livido! Lo sai che potrei denunciarti, per questo?”

“Che cosa vuoi?” domanda la donna, gelida.

“La verità!” urla di nuovo l’uomo.

“Vuoi la verità?” chiede lei a voce alta. “La verità è che non amo nessuno, nessuno dei due. Né Angelo, con cui ho passato solo un giorno della mia vita… né di certo te!” conclude con più forza, allargando le braccia per mostrargli il tavolo riverso al centro della stanza.

“Lo sapevo, lo sapevo che non mi amavi” piange lui.

“Bene, lo sai ora. Che cosa vuoi fare?” chiede la donna, di pietra.

“Niente” replica lui “proprio niente”. Dopo qualche minuto di pausa aggiunge: “Vado via. … mi dispiace per il collage ma ne farai un altro. Tanto è quella la tua vita. Non certo gli uomini. Non certo io”.

Lei serra le labbra, guardandolo. Continua a guardarlo mentre va via, vede il viso e le spalle basse, le mani raccolte in un pugno un po’ più morbido di prima.

Da sola, la donna si china per terra, raccoglie con cura tutte le foto, rimette il tavolo dritto e di nuovo ci si siede.