I miei occhi. (1)
Oggi volevo iniziare a raccontarvi della mia esperienza con la rieducazione visiva. Da quand’ero molto piccola avevo un difetto di convergenza, una sorta di strabismo latente, che mi portava in alcuni casi a vedere con un occhio solo. Più usavo gli occhi nelle attività di tutti i giorni, più mi stancavo. Ho sempre letto molto, poi è arrivato pure il computer, usato per infinite navigazioni sul web, per tanto studio e lavoro. Dato che gli occhi spesso non guardavano insieme, tutto il peso della visione doveva sostenerlo l’occhio destro: nel contempo c’era un forte squilibrio perché i due occhi non vedevano insieme con naturalezza ma, per ottenere questo risultato, dovevano sforzarsi. Ho iniziato ad avvicinarmi al metodo alla fine del 2010, quando la situazione oculare era arrivata al limite: il lavoro alla mia tesi di laurea, e in più quello su un libro, mi avevano stancato eccessivamente la vista. Completamente presa da quello che stavo facendo e dalle scadenze, tenevo gli occhi incollati allo schermo, concedendomi ben poche soste. Ne approfitto per dirvi che è essenziale fare delle pause mentre si lavora, anche perché il mantenere l’attenzione concentrata su un punto, porta gli occhi a rimanere più aperti e ad ammiccare di meno, un semplice gesto che invece favorisce il loro rilassamento. Questo accade soprattutto quando si utilizzano videoterminali, dato che la luce emanata dallo schermo è innaturale e poco rilassante per la vista. Per avere maggiori informazioni su come prendervi cura dei vostri occhi, vi consiglio di tenere presente questa pagina.
Il risultato di questo affaticamento fu che, da un momento all’altro, iniziai a vedere doppio. Da tempo stavo pensando di occuparmi di questo problema latente ma, tra un impegno e l’altro, lo mettevo sempre in secondo piano, dato che nella vita quotidiana non mi dava eccessivamente fastidio. Non fui neanch’io ad accorgermene, ma una mia insegnante del ginnasio, che un giorno disse ai miei di aver notato che, durante le lezioni, il mio sguardo si perdeva nel vuoto, e l’occhio sinistro si spostava verso l’esterno. I miei mi fecero visitare da un oculista, il primo a parlarmi di questo difetto di convergenza. Mi disse che potevo fare degli esercizi con una matita, tornare dopo un certo periodo per controllare i cambiamenti. Fui molto perplessa, eseguii qualche volta gli esercizi senza troppa convinzione, li lasciai perdere dopo qualche settimana. In fondo avevo 15 anni e nessuna consapevolezza di cosa volesse dirmi il mio sguardo.
Solo ora capisco quanto profondamente parlasse di me, quanto sia diventato sempre più importante che i miei occhi guardino insieme. Perché soltanto con lo sguardo diverso e congiunto di entrambi, si può arrivare a una visione completa e profonda. Che per me non si sta rivelando solo fisica, ma anche interiore.

I miei occhi, aprile 2012