Scritti da Saturno

di Rossella Arena

Categoria: salute

Pulizie sacre.

Da qualche mese i miei amici mi prendono in giro, chiamandomi “Cenerentola”, perché sto sperimentando una forte dedizione alla pulizia della casa. In effetti non ci avevo mai dedicato così tanto tempo, prima d’ora. Da più di un anno ormai vivo nella stessa abitazione, e forse anche questo piccolo grande record personale ha contribuito a farmi attivare in questo senso. Da quando infatti ho lasciato la Calabria e la mia casa natale, sono passata da un trasloco all’altro: in ogni sistemazione avevo inoltre a disposizione una camera o addirittura un letto, per cui il mio spazio era decisamente più ridotto e precario di quello attuale. Magari è ovvio che, con un po’ di durevole stabilità, è cresciuta in me la voglia di prendermi cura in modo più profondo e sentito della mia abitazione. Oltre ad avere più ambienti da pulire, mi sono resa conto in modo eclatante di quanto la pulizia esteriore rispecchi e aiuti quella interiore. Ecco perché quotidianamente mi sto dando molto da fare, prima di tutto nel mantenere la casa più pulita del solito, poi nel gettare tante cose vecchie, che non mi servono più. Di qualunque categoria: vestiti, materiale elettronico, scartoffie (i libri in eccesso finiranno in soffitta 🙂 )…

Le pulizie (di qualunque tipo) sono oltretutto davvero in linea con il messaggio di purificazione di Saturno, quindi pure in questo senso mi fanno bene (a proposito, ho aggiornato la sezione Da Saturno con la storia di Shani, la divinità indù corrispondente a Saturno).

Sono stata anche molto ispirata da due libri di Denise Linn: Lo spazio sacro, che parla di come purificare la propria casa e Scopri i messaggi segreti del tuo corpo, che invece si concentra sulla purificazione personale, fisica ed interiore. Un libro molto utile il primo e ancora di più il secondo, che si snoda attraverso un programma di 28 giorni, in cui ogni settimana viene consacrata al potere di purificazione di un elemento.

Nella settimana dell’Aria, si lavora sulla purificazione mentale, facendo tramite diversi esercizi una valutazione precisa del proprio stato di salute e liberandosi da idee e convinzioni limitanti.

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“Vento”, Van Gogh

Nella settimana dell’Acqua si affronta la purificazione emotiva, lavorando sul lasciar scorrere più liberamente le emozioni e sul capire quali attività ci danno più energia.

Il mare di lampedusa

Il mare di Lampedusa

Nella settimana del Fuoco la purificazione diventa spirituale, spostando l’attenzione su tematiche come la paura, il rischio, il perdono, la propria forza.

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Nella settimana della Terra si arriva infine al corpo, all’energia più fisica (che viene comunque influenzata da tutte le altre).

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Una delle tante cose carine di questo libro è che per ogni giorno vengono proposti degli esercizi divisi in tre livelli (dal più rapido al più impegnativo), in modo da poter scegliere quale fare anche in base al tempo quotidiano a disposizione (ma ovviamente si può scegliere pure quello che in quel momento sembra più opportuno). Alla fine di ogni giornata, se si è riusciti a portare a termine gli esercizi, è previsto di concedersi un premio.

Adesso sono arrivata a metà percorso (questo è il primo giorno della settimana del Fuoco, il n° 15) e devo dire che mi sento molto più leggera! Condivido con voi un passaggio dalla lettura odierna:

Stress è la moderna parola in codice, che significa paura. Se vivi in un costante stato di stress, significa che ti trovi in uno stato cronico di paura a basso voltaggio, dannoso per tutto il corpo. Spesso possono essere le ansie nascoste nel profondo a impedirti di raggiungere una vitalità piena. Quindi è bene affrontarle faccia a faccia e portarle alla luce. 

I miei occhi. (4)

I miei occhi. (1)

I miei occhi. (2)

I miei occhi. (3)

Piano piano sto ritrovando il mio posto, la mia visione delle cose (che diventano sempre più chiare, dentro e fuori di me). Dopo più di due anni di lavoro quotidiano, è arrivata anche dal mio corpo la conferma di essere sulla strada giusta: sia la visione da vicino, che quella da lontano, sono notevolmente migliorate. I miei occhi, così diversi l’uno dall’altro, hanno imparato a guardare insieme.

Prima di curarmi non lo sapevo e non l’avrei mai immaginato, ma la dottoressa mi ha spiegato che disturbi di questo tipo agli occhi possono portare anche difficoltà nel guidare e in generale in tutte le attività in cui è necessaria una certa concentrazione (per approfondire leggete questa pagina).

Mi sono riconosciuta molto in questa descrizione:

(Exoforia:) Gli occhi tendono a deviare verso l’esterno, come se volessero scappare uno dall’altro. È come essere su una carrozza trainata da due cavalli che, anziché andare dritti, tendono entrambi a fuggire verso l’esterno della strada. Il viaggio non può essere facile e, anche se alla fine si raggiunge la meta, la fatica del conduttore sarà grande.

Mentre mi curavo ho aperto gli occhi: ho abbracciato e compreso i problemi di concentrazione e gli improvvisi cali di rendimento avuti in passato durante i miei studi (sia alle scuole superiori che poi all’Università). Con grandi sforzi ho sempre perseguito vari percorsi, lavorativi e non, ma in alcuni casi ho impiegato tanto tempo per portarli a termine.

Per questo sono ancora più felice di aver finalmente affrontato il problema, la cui risoluzione mi sta portando anche a un netto miglioramento della mia concentrazione, e di conseguenza di tutte le mie attività quotidiane. Non solo, è stato anche un punto di partenza per fare pace con il passato. 

Non so se sono riuscita a trasmettervi almeno un po’ della grande felicità che provo…

Immaginate di ritrovarvi dentro un profondissimo pozzo, paralizzati dal buio: avete tanta paura e i vostri occhi, spalancati nell’oscurità, si muovono ininterrottamente e a scatti. Immaginate poi che il pozzo venga illuminato, che l’ambiente intorno a voi vi appaia chiaramente. I vostri occhi si tranquillizzano, finalmente guardano ciò che li circonda, e possono vedere che è persino possibile uscire dal pozzo.

Ora siete al di fuori, passeggiate in mezzo a una splendida natura, con un sorriso e gli occhi distesi nel cielo azzurro.

cielo

Così mi sento adesso.

PS: Tenete gli occhi aperti ma non troppo, e per ogni informazione scrivetemi!

I miei occhi. (1)

I miei occhi. (2)

I miei occhi. (3)

I miei occhi (3).

I miei occhi. (1)

I miei occhi. (2)

I miei occhi. (4)

Un paio di anni fa decisi di trasferirmi in Emilia, in modo da poter essere più vicina allo studio di Rovigo ed effettuare così le visite con più regolarità. Ritrovarmi a vedere doppio mi aveva messo molta tensione addosso. Mi chiedevo come avrei fatto a portare avanti tanti aspetti della mia vita quotidiana con tranquillità, se non riuscivo più a vedere bene. Ero anche un po’ provata, perché venivo da anni in cui mi ero già dovuta occupare attivamente, per altri disturbi, della mia salute. Volevo quindi un supporto costante, in modo da dedicarmi a questo problema con tutte le mie forze. Avevo capito poi che esso si era manifestato fisicamente attraverso il malessere agli occhi, ma poteva essere ricondotto alla necessità di una visione generale, sana e serena, di tutta la mia vita.

Mi affidai con molto sollievo agli esercizi e, visita dopo visita, cominciai a tranquillizzarmi, perché sentivo che mi facevano bene e che mi ero messa sulla strada giusta.

Un giorno la dottoressa mi chiese: “Se guardi nel tuo passato, in quale momento della tua vita potresti collocare il disturbo? Ed era successo qualcosa di particolare in quel periodo?”.

Non dovetti pensarci molto, perché mi veniva in mente soltanto un episodio della mia infanzia. La cosa che più mi stupisce, ripensandoci, è che quando la dott. mi fece questa domanda, il fatto si formò abbastanza chiaro nella mia mente. Non riuscivo però a parlarne: iniziai a raccontare ma mi si strozzò la voce. Mi meravigliai della mia reazione emotiva e quasi subito mi bloccai. La dottoressa mi disse che non dovevo parlarne per forza, potevo scriverne. Dovevo e volevo riaprire la porta che avevo chiuso.

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(immagine trovata su Internet, autore ignoto)

Cominciai a lavorarci su. Mi venne presto in mente che potevo strutturare quel ricordo non come un semplice racconto ma come una vera e propria sceneggiatura. Mi sembrava un sistema migliore per richiamare alla memoria l’avvenimento nel modo più obiettivo possibile, rimanendo aderente a quel che era accaduto, più che alla mia interpretazione soggettiva.

L’episodio era avvenuto in famiglia: forse l’idea della sceneggiatura arrivò anche dall’avere sperimentato in passato le costellazioni familiari (si tratta di un metodo che prevede proprio di mettere in scena un avvenimento -o un rapporto fra due o più persone-, scegliendo gli “attori” tra gli altri partecipanti: collocando ciascuno di essi nello spazio vuoto, e chiedendo ad ognuno di assumere una certa posizione o atteggiamento, si vedrà successivamente come, per lo più in silenzio, si ritrovano ad interagire fra di loro. Dal loro relazionarsi diventa presto chiaro cosa sta succedendo o è successo fra le persone rappresentate. Per maggiori info vi consiglio di leggere qui).

Giorno dopo giorno, battuta dopo battuta, mi immersi sempre più in quel ricordo, trovando il coraggio di scrivere e vedere tutto quello che era successo.

atwork

Al lavoro sulla sceneggiatura

Non fu semplice, sia perché quello che ricordavo mi faceva non poco male, sia perché, dato che dell’episodio in famiglia non se n’era fatta più menzione, nel voler fare luce su di esso mi sentivo molto sola e addirittura in colpa. Era come se nessuno stesse dalla mia parte, ma la realtà era che nemmeno io ero mai stata dalla mia parte! Mi preoccupavo di non ferire i sentimenti degli altri, ma avevo cancellato i miei. Ancora adesso faccio fatica a dare loro il giusto spazio. 

I miei occhi. (1)

I miei occhi. (2)

I miei occhi. (4)